La piscina privata può diventare fonte di reddito ma esistono regole precise da rispettare.

Sulla scia di servizi come Airbnb e Booking si sta diffondendo anche in Italia la condivisione delle piscine permettendo così alle famiglie e alle strutture ricettive, soprattutto a quelle piccole, di rientrare, anche se in piccola parte, degli investimenti fatti nella costruzione della piscina. La questione è interessante e anche piacevole (la piscina favorisce le relazioni interpersonali) e, come detto, può rappresentare anche una forma di reddito, ma è bene sapere cosa va fatto per evitare spiacevoli conseguenze, anche di natura economica e legale.

Oltre agli adempimenti fiscali che sono ben riassunti in questo articolo pubblicato su LALEGGEPERTUTTI.IT , ne esistono anche molti di natura impiantistica e sanitaria e qui vogliamo occuparci di questi.

Le piscine non sono tutte uguali. La grossa differenza, che poi è ciò che interessa a chi le controlla, è ciò che c’è sotto (l’impianto di trattamento e disinfezione dell’acqua) e che c’è a corredo della piscina (i documenti e le attrezzature per le verifiche sulla salubrità).

Per questa ragione, fin dal momento della loro progettazione, le piscine vengono classificate in base alla loro destinazione d’uso che, seppur leggermente differenti a seconda della Regione, possiamo così riassumere:

A1: piscine pubbliche (pago il biglietto ed entro)

A2: piscine ad uso collettivo (riservate ai soli ospiti di strutture turistico-ricettive, palestre, circoli, ecc.)

B: piscine condominiali

D: piscine private

A nostro parere nel momento in cui viene concesso l’uso della piscina ad una persona che non sta soggiornando nella struttura, oltretutto dietro pagamento, la piscina diventa di fatto una A1: ho pagato e posso entrare.

Qui però nasce il problema: le piscine di categoria A1 devono avere caratteristiche ben precise. Tanto per cominciare:

  • impianto a norma UNI 10637  (minimo 2 filtri, 3 pompe, centralina elettronica di controllo e dosaggio prodotti disinfettanti, ecc.
  • solo bordo a sfioro (no skimmer)
  • vaschetta lavapiedi, doccia a bordo vasca, spogliatoi, locale infermeria
  • redazione documento di autocontrollo per piscina e legionellosi
  • rilievi parametri cloro e Ph ogni 3 ore con annotazione su apposito registro
  • ricambio totale dell’acqua ad ogni stagione
  • analisi batteriologiche dell’acqua di vasca almeno 2 volte a stagione da parte di laboratorio accreditato
  • sorveglianza obbligatoria durante l’apertura (bagnino)
  • nomina Responsabile e Addetto agli Impianti
  • ecc. ecc.

La vostra piscina ha tutte queste caratteristiche ? Se la risposta è SI, potete aprirla agli estranei a pagamento, se è NO, non potete farlo.

L’idea della condivisione delle piscine è molto bella e ci piacerebbe poterla appoggiare appieno. Esistono però leggi e norme, diverse da regione a regione, che vanno conosciute e rispettate. Le probabilità di controlli nelle piscine private sono minime, questo lo sappiamo, finchè… non avviene un incidente (anche una semplice slogatura di un piede scendendo da una scaletta non a norma o un’irritazione cutanea o oculare per un errata disinfezione dell’acqua) e quel giorno anche il vostro assicuratore probabilmente si dimenticherà di voi!

Prima di decidere di aprire a esterni la vostra piscina, privata o turistico ricettiva che sia, confrontatevi con esperti che sappiano esporvi la situazione con sincerità e chiarezza e prendete le precauzioni necessarie per ridurre il più possibile i rischi. Se volete noi ci siamo!

Per contattarci: info@professioneacqua.it – tel.0376854931